1967 - Roma, Gall. Fiamma Vigo 5-17 Aprile (Presentazione di Achille B. Oliva)

Stabilire un rapporto aperto con la civiltà tecnologica in cui viviamo significa riconoscere la trasformazione irreversibile della natura in storia, del panorama dato in panorama costruito. Un panorama che dispone all’interno di tutti gli strumenti di vita necessari e per questo si pone come una vegetazione artificiale in continua espansione, secondo il criterio della pura vitalità. L’intervento specialistico dell’artista serve a porre sotto sistemazione formale gli elementi reperiti da questa natura di secondo grado, la quale non si lascia assolutamente contemplare ma agisce come antagonista sull’uomo attraverso l’aggressione di stimoli visivi, sempre più perfezionati dai procedimenti industriali.
Giannetto Bravi accetta dunque senza regressioni il rapporto di visione con questi dati, che nel contesto d’origine sono disposti in un disordine gioioso, e li preleva e disarticola per poi disporli sulla superficie estetica secondo una rigorosa sistemazione rispondente a criteri solamente di utilità formale. Lo spazio su cui si dispongono i segni è una superficie chiusa, e cioè una porzio-ne precisa di spazio delimitata dai confini impostigli dall’operatore. Ma l’uso di colori industriali permette la costituzione di una superficie, che volutamente ha perso di profondità per accostarsi il più possibile allo spazio esterno; cosicché Bravi propone una superficie splendente, in cui i segni disposti, secondo un procedimento assolutamente razionale di accostamento cromatico, si autoestromettono, per una loro qualità di espansione, dallo spazio estetico ini-zialmente statico per entrare nella retina dell’occhio dello spettatore.
L’opera così costituisce sia un antagonismo con l’attività percettiva del fruitore, per quanto riguarda la capacità attiva di cinetismo, e sia con lo spazio non estetico che va ad invadere, in quanto attraverso la propria forma (inglobante la gioiosità cromatica dell’ambiente urbano) ne contesta non i procedimenti tecnologici bensì la dislocazione mercificante quotidiana degli elementi della visione.