Gazzetta di Parma – Venerdì 11 Marzo 1977 di G.C.

Una mostra insolita alla “Galleria A”: cartoline illustrate (o fotografie) raccolte in sistema visivo. Sono le opere di Giannetto Bravi, artista di sottile carica provocatoria. L’operazione di Bravi ha raccolto tutta una serie di interventi critici. Eccone alcuni, proposti qui come materiali di discussione.
Gillo Dorfles: “ La serie di immagini che Giannetto Bravi accosta fino a formarne un intero dipinto, la serie di cartoline con le quali viene costruito il quadro da Bravi è un sistema che forse ha già degli antenati. Conosciamo tutti la serie di fotografie con le quali Warhol ha creato molte delle sue serigrafie più interessanti. Però nel caso di Bravi l’uso è basato soprattutto sulla cartolina comperata nel negozio e non sulla fotografia abilmente eseguita da un operatore o dallo stesso artista, quindi l’opera ha un carattere più popolaresco”.
Uno dei temi di queste immagini è Napoli, con il pino e il Vesuvio. Di qui le osservazioni di Pierre Restany: “Credo che, alla fine, quando si tratta di napoletanità, di civiltà napoletana, si tratti di un connubio abbastanza raro: Napoli è stata capitale, Napoli ha avuto tutta una storia molto travagliata ma, nello stesso tempo, questa città che fu capitale e che ha sviluppato a modo suo un tessuto umano tutto particolare è anche una città ove la geografia è eccezionale. Il connubio dà certamente a Napoli una dimensione unica; non credo che esiste al mondo un connubio di questo tipo. Esistono altri vulcani, ma non hanno quella vicinanza, non hanno la presenza di una geografia eccezionale e di una storia personale ed è abbastanza naturale, dunque, che il Vesuvio sia, per Bravi, una specie di riferimento fondamentale”.
Immagini colorate, quindi, ma osserva Lea Vergine: “Queste opere mi sembrano tutt’altro che giulive, tutt’altro che allegre come potrebbero risultare all’apparenza; mi sembra che si tratti, più che altro, della documentazione di un sogno collettivo di impotenza, come dire, la testimonianza di un gran deficit affettivo”.
E ancora, questa volta sul linguaggio, Pierre Restany: “Questo tipo di coscien-za oggettivata di un elemento modulare come la cartolina, mi pare che non è più un feticismo della memoria, ma la memoria del feticismo cioè il ricordo del feticismo, usato in modo molto oggettivo, come un elemento di base per creare una nuova architettura della immagine”.