Radio Parma-TV “Le Arti a Parma” – 11 Marzo 1977 di Tiziano Marcheselli

Di fronte alle cartoline con i cuori, alle rose di plastica, alle appliques, alla banale carta da parati delle composizioni di Giannetto Bravi, balza agli occhi in tutta la sua crudezza un giudizio formulato sull’artista di Tripoli da Lea Vergine: “Queste opere mi sembrano tutt’altro che giulive, tutt’altro che allegre come potrebbero risultare all’apparenza; mi sembra che si tratti, più che altro, della documentazione di un sogno collettivo di impotenza, come dire, la testimonianza di un gran deficit affettivo.” E in effetti questo museo kitch che Bravi allinea in bell’ordine sulle pareti della galleria A suscita un’atmosfera angosciosa, attraverso il ricordo sopito magari da lungo tempo e ora balzato violentemente all’attualità, un ricordo di feticci usati e abusati nella lenta, inarrestabile costruzione di un’oleografia che arriva dappertutto come una sviluppata e resistente ragnatela. E questa ragnatela, questo bisogno di aggrapparsi, mette in luce proprio un disperato vuoto affettivo, che si cerca di riempire con le immagini “facili” offerte e richieste quotidianamente.
Quasi tutti i pezzi presentati da Bravi alla galleria A sono nettamente documentati, dalla gondola veneziana che si accende a intermittenza sulle onde di legno blu, alla cenere del Vesuvio su una mensola a cui fa da sfondo il vulcano stesso in cartolina; ci può scappare un sorriso, ma è certo un sorriso amaro.