1980 - Roma, Galleria
Nazionale D’Arte Moderna “Arte e Critica” (Presenta-zione di A.C. e M.C.) Giannetto Bravi nasce a Tripoli il 18 dicembre 1938; dal 1940 vive a Napoli, dove compie studi classici, laureandosi poi in geologia. Autodidatta, inizia a dipingere dal 1959. Nel 1963 frequenta un corso libero del nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Dal 1966 inizia ad esporre a mostre collettive. La sua prima produzione si muove nell’ambito delle influenze dell’informale, e presenta spesso ripetizioni, in una medesima tela, di zone di colore, uguale. Nell’aprile del 1967 tiene la sua prima personale con presentazione di A. Bonito Oliva alla Galleria Fiamma Vigo di Roma, esponendo una serie di verifiche nel campo ottico: si tratta di tele in cui l’artista usando colori luminescenti industriali ripete una stessa immagine più volte per evidenziarne sia i rapporti spaziali che quelli di colore. “Lo spazio su cui si dispongono i segni è una superficie chiusa e cioè una porzione precisa di spazio delimitata dai confini impostigli dall’operatore. Ma l’uso di colori industriali permette la costituzione di una superficie che volutamente ha perso di profondità per accostarsi il più possibile allo spazio esterno; cosicché Bravi propone una superficie splendente, in cui i segni si auto-estromettono, per una loro qualità di espansione, dallo spazio estetico inizialmente statico, per entrare nella retina dell’occhio dello spettatore” (A. Bonito Oliva, presentazione citata). In questo momento l’artista frequenta l’ambiente artistico napoletano e in particolare il pittore G. Pisani. Con questi inizia una serie di operazioni che hanno come tema la possibile modificazione del Vesuvio, che Bravi vede come “oggetto gigante”, simbolo per eccellenza della città partenopea, riferimento fondamentale anche nei suoi lavori successivi. Nel 1969 fonda con altri artisti napoletani la Galleria Ine-sistente, progettando l’occupazione e l’incendio dello spazio del cratere. Nel 1971 presenta al Centro Apollinaire di Milano la serie delle Valigie con catene, oggetti metallici a forma quadrata e con un manico nella parte superiore al cui interno è arrotolata una catena: “Les valises de Bravi - scrive P. Restany nella presentazione - se présentent comme des modèles pour une rencontre romantique. A chaque spectateur ou - mieux - à chaque utilisateur de faire le point entre les degrès divers de sadisme et de masochisme qui composent ses propres stimolations émotionelles vis à vis de l’objet”. Nel 1972 Bravi riprende e approfondisce la possibilità di un intervento sul Vesuvio e con lo stesso Restany pensa di trasformare la cima del vulcano in un parco culturale internazionale aperto all’intervento sulla natura degli artisti. L’operazione rimane allo stadio concettuale ante litteram, dando tuttavia luogo ad una serie di esposizioni cui partecipa lo stesso Bravi, come “Operazione Vesuvio”, Galleria Il Centro, Napoli 1972. Nel ‘73 l’artista inizia ad inviare una serie di cartoline postali del Vesuvio a numerose persone e critici, con un lavoro che tenta di portare avanti su un piano individuale l’operazione sul Vesuvio, ormai lontana dalla dimensione collettiva di progetto concettuale. Da questo primo uso della cartolina postale, Bravi passa nel periodo successivo ad accostare tra loro una serie di immagini per costruirne un vero e proprio quadro. L’immagine è data e non viene modificata da un intervento dell’artista, nel tentativo di voler recuperare, per poi ricostruirlo, “un mondo già cristallizzato in un’immagine ben precisa” (G. Bravi, dibattito tenuto alla Galleria Milano, Milano Luglio 1976). Spesso alle cartoline si aggiunge un frammento o un oggetto, riferimento alla real-tà riprodotta dalla cartolina: così alle immagini del vulcano viene unita una piccola scoria vulcanica - Il Piroclasto, 1975 - e con le cartoline che hanno come soggetto l’automobile da corsa si ritrova un piccolo modello giocattolo. Questo tipo di produzione viene presentato nella personale alla Galleria Milano, Milano Ottobre 1976, assieme ad altri lavori in cui Bravi, proseguendo il discorso del recupero e della ricostruzione di un mondo “altrui”, inserisce diversi oggetti: abat-jours, pulsanti elettrici in porcellana, riproduzioni di quadri con immagini convenzionali di Napoli; l’operazione è quasi quella di un collezionista che tenta di conservare e mostrare le testimonianze di un mondo piccolo-borghese, estremamente legato alla realtà partenopea, destinato a scomparire. Tra le recenti mostre dell’artista si ricorda la personale allo Studio Marconi, Milano 1980, in cui è stato presentato l’ultimo lavoro sul ritratto-autoritratto di sette critici (Ballo, Bonito Oliva, Del Guercio, Dorfles, Menna, Restany, Vergine). Giannetto Bravi è vissuto a Napoli fino al 1974; attualmente vive e lavora a Saronno. |