1999 - Milano,
Studioventicinque-Associazione Culturale - Giovedì 27 Maggio - Cinema Amore
Mio 2 (Presentazione di R. Borghi “La Vera Natura di Questo Amore”) In quanto housewife maltrattata, vilipesa e cornificata, la Mia Farrow de “La Rosa Purpurea del Cairo” non può che trascorrere il suo tempo libero nella rinfrancante solitudine di una sala di proiezione. Il mondo di celluloide infatti le offre molte più occasioni di gioia di quello reale, poiché le permette di immergersi in situazioni zuccherose, trasognate, eclatanti, situazioni in cui l`eroe di turno è perpetuamente fedele alla sua amata e la salva dai pericoli più impensati. Ma un giorno l`esotico e fascinoso protagonista del colossal preferito e ripetutamente visto dalla Farrow se ne esce dallo schermo e le chiede ospi-talità. Stanco di dover sempre recitare la sua melensa e stucchevole parte, l`ormai tridimensionale sagoma cinematografica ha deciso di chiudere con la routine della solita storia per contaminarsi con la narrazione amara, ma non facilmente prevedibile, della vita... Una scelta come questa di personaggi che compaiono nelle opere di Giannetto Bravi sembra non sia mai nemmeno balenata nella mente. Eppure si tratta di figure analoghe a quelle che popolano il film di Woody Allen: divi in costume, attori perennemente in posa, star dai sentimenti contraffatti, dalle emozioni simulate in quanto stabilite dal copione. Nessuno di loro, però, sembra avere la benché minima intenzione di sloggiare dalla pellicola, di evacuare lo schermo ed abbandonare in tal modo la penosa routine. A dire il vero, anche qualora avessero tale intenzione, difficilmente potrebbero metterla in atto. Perché Bravi li ha estratti dalla carta e non dalla celluloide, ne ha sottratto l`immagine da un’ulteriore immagine, da una riproduzione in formato cartolina della loro effigie. Il cinema di cui sono pregne le opere dell`artista napoletano è un cinema post-cinematografico, una dimensione in cui la luce del proiettore ha smesso di brillare e di essere mobile per conferire all`immagine la patina ferma e opaca del ricordo. Ma anche il cinema in sé è memoria, è la documentazione iconica di una storia, di una finzione che pretende di essere vera nel momento in cui la si percepisce in movimento, nel suo apparente farsi. Bravi l’ha spogliata di questa pretesa, ne ha evidenziato la consistenza mnemonica privandola di mobilità, fissando sulla tela alcuni frame tratti dai suoi reperti, dalle sue scorie visive, dai residui della sua fruizione. Le avanguardie storiche hanno assegnato agli artisti il compito di esteticizzare il rifiuto, di valorizzare in termini artistici ciò che generalmente viene consi-derato privo di valore. Giannetto Bravi ha preso alla lettera questo incarico trasformando dei prodotti per cinefili d’antan in sontuosi dipinti. Le sue opere infatti, benché siano prodotte con un complesso procedimento di trasporto di gelatina fotografica sulla tela, sono dal punto di vista cromatico e compositivo talmente simili a dipinti da evocare, e implicitamente citare, la grande tradizione pittorica degli ultimi due secoli. Così la figura monumentale di Assia Noris sembra emergere da un ritratto di epoca vittoriana, sul volto abraso di Rodolfo Valentino pare si sia depositata una patina tardottocentesca alla Hayez, la riproduzione del frammento di un film Western, “I desperados”, occhieggia alla “Fucilazione” di Goya, mentre le immagini dei colossal degli anni Sessanta echeggiano il coevo Iperrealismo. Le cartoline utilizzate dall`artista di adozione napoletana per la realizzazione delle proprie opere appartengono ad un tempo ormai lontano, un tempo in cui il culto del cinema era una religione povera, che si nutriva della venerazione di autentiche immaginette, di icone pubblicitarie circondate da un’aura affettuosa, invece che di un mercato di ingombranti e costose reliquie sotto forma di gadgets. Bravi ha recuperato quel mondo e quel culto recuperandone gli oggetti di devozione, gli strumenti attraverso i quali si estrinsecava quel prodigioso affetto. Francois Truffaut sosteneva che chi ama davvero il cinema non può amare la vita. Il mondo di celluloide, insomma, secondo il regista francese, pretende di non spartire con quello reale l’affetto dei suoi fans. Ma è pur vero che la real-tà mal si adatta a convivere con il suo surrogato in forma di pellicola. Perciò, indagando la vera natura dell’amore di Giannetto Bravi verso il cinematografo, mi sono chiesto se tale sentimento non contempli una sorta di rifiuto del mondo reale. Allora mi è venuta in mente la protagonista del sopracitato film, quella Mia Farrow disperatamente cinefila che, alle prese con un personag-gio cinematografico che vuol eludere la finzione e misurarsi con la realtà, decide di ricacciarlo oltre lo schermo per poter vagheggiare l’esistenza di un mondo diverso da quello in cui è costretta a vivere. Una Mia Farrow ciecamente innamorata del cinema, della finzione cinematografica, che preferisce di gran lunga alla vita reale. Una Mia Farrow che, proprio per questa ragione, avrebbe potuto figurare tra i divi celebrati in questa mostra. |