Segno - Febbraio 1999
“Giannetto Bravi” di Roberto Borghi Definendosi, come fa spesso, un artista borghese, Giannetto Bravi dimostra di possedere non solo una buona dose di humor anglo-partenopeo ma anche una spiccata, benchè involontaria, attitudine critica. Questa definizione, infatti, permette di intuire, oltre che la sua scarsa propensione alla vita da bohéme, la natura peculiare delle sue opere. Inteso in un’accezione ampia, l’aggettivo “borghese” può essere accostato ad una vasta produzione artistica che ha il suo vertice nei grandi romanzi ottocenteschi. Di quelle opere, e della cultura che li ha espressi, i lavori più recenti di Bravi (esposti in una personale a cura di Lea Vergine presso la galleria Derbylius a Milano) conservano l’atteggiamento di fondo teso all’accumulo di ricordi. Il senso del possesso che ha sempre caratterizzato la borghesia, infatti, non ha risparmiato questi particolari “beni mobili”: ogni “ricerca del tempo perduto” può, in tal modo, essere letta come il tentativo di costituire un patrimonio mnemonico. I ricordi di cui Giannetto Bravi si è impadronito sono stati sottratti a delle stampe e a delle cartoline d’epoca. Per acquisirli, Bravi si è servito della fotografia, cioè di uno strumento che, vale la pena ricordarlo, è nato proprio nel tentativo di accrescere le risorse mnemoniche collettive. Nel caso dell’artista napoletano, però, la fotografia è stata utilizzata a fini soprattutto privati. Le foto che, negli scorsi anni, ha scelto di ingrandire e di stampare sulla tela rappresentano quei frammenti dell’immaginario collettivo che, in quanto ricchi di elementi autobiografici o di riverberi emotivi, si sono trasformati nei ricordi più intimi. Infatti il candore che emana dalle immagini proposte in “Erotic Collection” (una mostra realizzata qualche anno fa con le stampe di alcune cartoline erotiche dei primi decenni del secolo) è quello tipico delle avventure tardo adolescenziali d’altri tempi. Una analoga contestualizzazione può essere effettuata con le locandine cinematografiche proposte nel “Cinema del Barbiere” un appassionato omaggio alla Hollywood degli anni ‘50 e ‘60 vista attraverso gli occhi di un giovane stupefatto e deliziato cinefilo che, proprio in quei decenni, si aggirava per le sale di proiezione. Le cartoline ingrandite, stampate e recentemente esposte sono, invece, riferite ad un luogo ed un tempo particolari: la Napoli di inizio secolo. Di quella Napoli, Bravi si è impadronito delle immagini più zuccherose, ammiccanti, stucchevoli. Bambine povere ma belle, scugnizzi affamati, sorridenti e irresistibilmente simpatici, vedute paesaggi-stiche strappalacrime, oltre che, naturalmente, il Vesuvio in eruzione: tutte le cianfrusaglie iconiche, tutte le immagini più oberate di nostalgia che si potessero rinvenire presso gli appositi antiquari. Per Bravi, però, questi frammenti del più trito folklore hanno un valore immenso, forse anche inestimabile. Sarà per le loro caratteristiche formali, insolitamente raffinate, o per la velata malinconia che emana da questa Napoli d’antan. Oppure per il piacere che scaturisce dal possederle, dall’accumularle, dall’inserirle nel proprio patrimonio mnemonico; un piacere anch’esso inestimabile per “un artista borghese” che si rispetti. |