BergamoSette – 9 Giugno
2000 di Betty Farioli La dolce nostalgia del passato nelle immagini di Giannetto Bravi. Giannetto Bravi abitava in uno di quei bei palazzoni napoletani tra Mergellina e Posillipo, i cui spazi più ampi erano i pianerottoli, dove durante la giornata viveva buona parte dei condòmini. Lì abitava e operava a domicilio un barbiere, che poi si sposò e cambiò casa. “… In seguito nelle frequentazioni al negozio, nei periodi di festività era uso che Mario, il barbiere, con fare ammiccante e di complicità, offrisse ai propri clienti una bustina profumata con un calendarietto ..” (G. Bravi) Dai calendari con le maggiorate anni Cinquanta alle cartoline romantiche primi Novecento, il passo è breve: sono infatti tutte vecchie immagini beneauguranti quelle che Bravi sta esponendo alla galleria di Vanna Casati (in via Borgo Palazzo 42). Coppie sorridenti di fidanzatini imbarazzati, bocche voluttuose e sguardi focosi, timidi omaggi floreali scambiati all’ombra di antichi muri percorsi da rampicanti. Poiché si tratta di materiale francese l’esposizione è intitolata Douce France, ma supponiamo che se le cartoline fossero state di matrice nazionale, l’autore avrebbe scelto piuttosto “Bella Italia”, dunque non è il Paese a determinare l’orientamento interpretativo. Tuttavia non si può negare che l’ambientazione sul suolo gallico e la presenza in più parti della lingua francese, conferisca un che di fascinoso, demodé e allusivo alle immagini, le quali, al di là di una apparente ingenuità, si caricano di connotazioni complesse e di valenze linguistiche molto intriganti. Mediante una serie di passaggi fotografici, Bravi ha infatti riprodotto le immagini su tela in dimensioni giganti, qualche volta proponendole con qualche ritocco di colore, in altre occasioni ripetendole come sequenze cinematografiche, in un facile rimando culturale poiché i protagonisti delle cartoline si atteggiano esattamente come gli attori del cinema muto. Lo scarto dimensionale enfatizza i significati originari, ironizzando palesemente sull’affettazione di certi messaggi come “Per trovare la strada del cuore basta spesso offrire un fiore”. Tuttavia, la delicatezza nel trattare le immagini e il fatto di mostrare anche il retro delle cartoline, fa aleggiare su tutta l’operazione anche un diffuso e dolceamaro senso di nostalgia. Più che un banale rimpianto di tempi andati, e più che un trito sarcasmo su un romanticismo anacronistico, si intuisce in queste tele-cartoline una serena consapevolezza del proprio passato, messo a fuoco e rimediato con la giusta mescolanza di distacco e affetto, di ironia e adesione. Un singolarissimo stato d’animo per un’operazione che, a rigore di critica, dovrebbe rientrare nei margini del concettualismo più ricercato ed intellettuale, e dunque più freddo e razionale. Ma è proprio della creazione artistica provocare eccezioni alle “normalizzazioni” critiche, che in questo campo non riescono a contenere. |