2002 - Milano, Tufano
Studioventicinque 22 Aprile “Traversata atlantica” al canto delle Sirene
(Presentazione di Roberto Borghi) MITI BORGHESI Chiunque conosca le opere di Giannetto Bravi sa che il loro tono di fondo è improntato dalla nostalgia. Di questo sentimento, Bravi riporta alla luce il senso etimologico, cioè il desiderio di un “ritorno” (in greco “nostos”) a una condizione ritenuta felice. Ma ogni nostalgia che si rispetti ha in sé anche il bisogno del suo opposto, la necessità di una “partenza”, di un viaggio di allontanamento dall’origine. Nei miti costitutivi delle civiltà, i viaggi per antonomasia, quelli che hanno un valore fondativo o iniziatico, sono effettuati via mare. Anche nella civiltà borghese - che per Roland Barthes era il frutto di un processo di “mitizzazione del presente” - questo stereotipo viene rispettato quando, nei primi decenni del Novecento, la traversata atlantica diventa un fenomeno connotato da aspetti mitici. Il continente americano, da “meta proletaria”, da approdo di masse di migranti alla ricerca di condizioni migliori di esistenza, si trasforma in una sorta di “terra promessa della borghesia”, in un luogo di piacere e di avventura per benestanti. Bravi rievoca quest’aura di compiutezza mitica, di felicità radiosa e totalizzante, attraverso la riproduzio-ne di alcune immagini promozionali della vita di crociera. Gli aspetti stucchevoli di tale situazione - a volte sottolineati dalla vistosa pacchianeria delle stesse immagini - sono funzionali, oltre che alla riuscita della comunicazione pubblicitaria, al conferimento di quell’esemplarità che rappresenta un tratto caratteristico del mito: ma sono anche un efficace diversivo nei confronti di un ipotetico conato di nostalgia, uno zuccheroso antidoto a qualsiasi biso-gno di “ritorno”, sia esso “alle origini” o, più semplicemente, “alla condizione di partenza”. Tenendo conto delle debite differenze epocali, un tempo - ma sarebbe meglio dire: in un tempo mitico - questa funzione era svolta dalle sire-ne. Il loro canto serviva soprattutto a far dimenticare ai marinai il desiderio della loro patria - questa almeno è l’accusa formulata da Ulisse nell’Odissea - e in seguito a distoglierli dalla navigazione per farli naufragare. Le “Sirene” di Francesca Petrolo rappresentano una versione postmoderna e aggraziata di quelle insidiose figure, ma per chi ricorda la loro antica funzione e la contestua-lizza nel presente, conservano al loro interno una larvata minaccia. Barthes, in Mithologies, definisce il “mito borghese” come una “suadente abitudine alla dimenticanza”, ovvero come un’abdicazione alla propria “memoria critica”, spesso finalizzata all’accettazione passiva dello status quo. Da quando i miti non hanno più nulla di autenticamente iniziatico, ma sono soltanto degli strumenti di costruzione del consenso - talvolta magari camuffati da avventurose e idilliache esperienze - è bene diffidare di loro. A qualsiasi “partenza” che promette la felicità attraverso l’oblio, è sempre meglio preferire il più nostalgico dei “ritorni”. |