L’arte
raccolta Con l’avvento dell’era elettronica McLuhan preconizzava la riduzione dell’uomo del futuro a quella del “raccoglitore” di informazioni. L’ultimo lavoro di Giannetto Bravi si può inserire in questa stessa ottica. Nonostante non si serva della tecnologia più avanzata, egli lavora però all’interno della logica del “raccoglitore di informazioni” attuando il semplice, ma non privo di implicazioni, gesto della raccolta di immagini: cartoline, riproducenti opere d’arte famose, trovate nei bookshop dei musei. Spesso l’arte porta una componente di genialità e creatività all’interno di prati-che comuni, addirittura banali e, forse, anche un po’ noiose. E’ appunto attraverso un’interpretazione artistica che Giannetto Bravi si serve del metodo della catalogazione per ordinare le cartoline da lui raccolte, personalmente o attraverso l’aiuto di amici, in album che diventano un’opera da sfogliare, un libro d’artista prodotto in nove copie. La metodologia, alla base di questo lavoro, presuppone delle forti implicazioni concettuali. Ed infatti l’attività dell’artista affonda le sue radici nell’arte degli anni Settanta e in particolare in quella che Renato Barilli definiva la linea “mondana” dell’arte concettuale. Le immagini sono infatti il punto di avvio imprescindibile di tutto le opere precedenti e lo sono anche in questo lavoro sulle cartoline, con una sfumatura differente però. Il valore del soggetto dell’immagine si è andato progressivamente perdendo fino a passare dalla forte valenza narrativa (ad esempio nel caso delle cartoline di Napoli e del suo paesaggio) a un valore puramente linguistico. I capolavori riprodotti sulle cartoline dei musei non sono catalogati in base al soggetto e pertanto alle epoche o agli artisti, ma in base a criteri casuali o nati dalla sensibilità este-tica. Opere quindi del Novecento si trovano accanto ad altre d’epoca Rina-scimentale o Medievale. Al di fuori di ogni logica storicistica, la catalogazione artistica di Bravi si basa invece soltanto su due criteri: quello della casualità e quello della ripetitività. Il caso, in fondo, ci porta a scoprire e a “incontrare” le cose, così come avviene nel momento della raccolta delle cartoline; la ripetizione delle immagini è invece il risultato di una ricerca che potrebbe avere anche un valore stati-stico: le opere riprodotte appaiono infatti spesso essere le stesse, nonostante non si trovino, evidentemente, all’interno del museo nel quale la cartolina è in vendita. La pratica, certamente anche ludica, della bizzarra collezione diventa quindi anche un mezzo che inevitabilmente si implica con il mercato, quello, appunto, delle cartoline “museali”: mercato parallelo al mercato stesso dell’opera d’arte. Ecco quindi che nell’analisi più attenta del lavoro di Giannetto Bravi emerge il meccanismo a scatole cinesi che sottende anche il mondo stesso dell’arte: l’artista si appropria della riproduzione di capolavori di altri artisti per fare a sua volta un’opera d’arte, carica di valore aggiunto un oggetto già proprio del circuito artistico. Un altro aspetto altrettanto significativo di questo lavoro è l’indurre l’osservatore a esercitare la sua capacità di dissimulare quello che Perniola definisce il simulacro, la dimensione cioè puramente visiva, della realtà oggettuale. La cartolina è infatti la testimonianza della presenza (in un museo) di un’opera d’arte, certifica quindi il suo essere e il suo essere presente all’interno di una struttura che universalmente assicura la creazione di un artista al tempo, alla storia dell’arte. Il meccanismo ricognitivo ideato da Giannetto Bravi – che può far pensare al metodo morelliano del conoscitore, metodo largamente utilizzato nello studio dell’arte antica e basato proprio sull’uso delle immagini riproducenti particolari o visioni di insieme delle opere – induce a riflettere su due aspetti: la diversità, anche minima, ma necessaria, tra una riproduzione e l’altra della stessa opera, e sulla presenza simultanea della stessa riproduzio-ne in luoghi differenti. Ecco quindi che l’appropriazione di alcuni meccanismi che sono alla base dell’era tecnologica – come la catalogazione – sono fina-lizzati a far emergere le contraddizioni di un’epoca che fa della comunicazio-ne delle immagini la sua bandiera. La moltiplicazione dell’immagine – dice Bravi nel suo lavoro – anziché favorire la comunicazione, la rende sempre meno precisa e pur rendendo l’opera dominio di tutti ne fa perdere le tracce dietro il suo essere semplice immagine, simulacro. Elena Di Raddo |