La Quadreria virtuale L’operazione "Quadreria" di Giannetto Bravi è una di quelle simpatiche follie che un artista determinato (testardo) può e deve concedersi, come sfida con se stesso, a dimostrazione della validità di un’idea che occasionalmente può prendere forma in un luogo. Proviamo a considerarla dal punto di vista strutturale. Il primo passaggio che la caratterizza riguarda le immagini, che sono opere, divenute fonti visive, per tornare a essere "opere", di seconda mano. Usare cartoline e riproduzioni, come Giannetto Bravi fa da tanti anni in molti suoi progetti, può avere risvolti sociologici, perché sembra sempre un invito a riflettere sul grado di diffusione dell’immagine, sulla sua popolarità, sulla sua funzione comunicativa. Rivolgendosi alle riproduzioni messe a disposizione nelle librerie dei musei, egli pone ora in evidenza la questione della "riproducibilità" dell’opera d’arte, la sua "massificazione", il suo abbassamento a oggetto (di culto). Questo, però, ha solo parzialmente a che vedere con le intenzioni di Giannetto Bravi. Il secondo passaggio concerne la modalità d’uso di queste "immagini". Le riproduzioni (più o meno raffinate e fedeli) che testimoniano il grado di diffusione dell’opera originale, sono infatti strumento di una nuova "composizione", svolta ad un grado prossimo allo zero. La ri-produzione si rivela tale nell’essere ripetuta, moltiplicata, tornando a essere opera in quanto la cornice le conferisce una nuova "aura", unica e irripetibile. Ogni opera ritrova così una sua ragione, una sua dimensione in quanto, per ragioni intrinseche al soggetto o dettate da una suggestione visiva particolare, il numero, il formato e la disposizione di esse, ne accentua qualche carattere che poteva essere dell’originale o della sua struttura interna (un esempio evidente può essere nella Ronda dei carcerati di Van Gogh, che nella versione di Bravi sembra confermare il valore visivo di immagine unitaria, più che ripetuta, per effetto della stessa natura iterativa del tema). Il terzo momento dell’operazione è poi quello della sua presentazione in ambito espositivo, dove Bravi fa tornare in uno spazio "museale", che vuole ricreare la condizione della "quadreria", l’insieme delle sue ricostruzioni. L’azione gratuita e pleona-stica di raccogliere, accostare e incorniciare queste riproduzioni, trova qui una nuova cornice, che insiste sul significato dell’accumulo e dell’abbellimento decorativo, a scapito del valore del singolo oggetto. Per questo, la prima presentazione del progetto, presso la Galleria Milano nel 2003, era da leggersi quasi come un happening, di cui le immagini con l’artista abbigliato come un guardiano di museo costituiscono le testimonianze compiute. Nell’estensione di quello che può a questo punto considerarsi il primo stadio di tale operazione, potrebbe apparire che il percorso attuato da Bravi abbia come conseguenza un processo catalogatorio, che tende ad ampliarsi all’infinito. Ne fa fede il classificatore monumentale, dove le opere eseguite sulle riproduzioni d’arte sono elencate in ordine alfabetico d’autore, con il quale documenta il suo lavoro. Anche se fondato su una selezione, il suo modo di raccogliere e classificare le immagini che sono oggetto delle sue realizzazioni tende così a una forma di enciclopedismo, che potrebbe far pensare alla volontà di raccogliere un’esemplificazione la più rappresentativa possibile di tutta la produzione artistica mondiale, in una volontà di catalogazione universale, che potrebbe aver termine solo con la sovrapposizione delle opere riprodotte alle originali, come nei modelli cartografici tendenti a ottenere una mappa in scala 1:1. Quello che però ne deriva, anche spingendo idealmente a un livello sempre più capillare tale raccolta, è l’impossibilità della sua completezza, lo scacco di ogni tentativo di creare un catalogo siffatto. Ciò che interessa Bravi è forse però maggiormente il carattere dimostrativo del rapporto fra le antiche forme di collezionismo d’arte e le odierne forme di appropriazione virtuale, apparentemente a disposizione di chiunque. Occorre in questo senso sottolineare che il medium scelto da Bravi, la cartolina che riproduce le opere d’arte di tanti musei, risponde al suo scopo, in quanto oggetto che si fonda su una pregnanza particolare, che va oltre lo statuto di semplice immagine. La cartolina è riproduzione realizzata per viaggiare, in ogni modo, sia che venga spedita, sia che chi se la procura la tenga per sé, in una forma di feticismo a buon mercato. Sul valore della cartolina come immagine simbolica di un modo di conservare e comunicare memoria di un luogo, di una sensazione, di un’impressione, si fondano per esempio alcuni progetti realizzati da Tom Phillips, il maggiore dei quali è il volume The Postcards Century (London, 2000), che voleva essere la più immediata forma di rappresentazione di un secolo, filtrato dallo sguardo dei singoli che nella quotidianità si sono identificati con queste immagini standard. La cartolina è per questo, nel pensiero di Bravi, il materiale imprescindibile, che coniuga la sua natura di riproduzione, a quella di forma di memoria privata consolidata dall’uso che il costume ha proposto. L’affidamento all’immagine riprodotta e l’estensione dei soggetti dicono poi di una disponibilità di fonti visive che oggi si è moltiplicata anche per mezzo informatico, per l’infinito parco di immagini di riferimento, specificamente proprio nel settore artistico, che abbiamo a disposizione. La scopofilia che si sprigiona nel fruitore di internet, che ricorre allo schermo come spazio privato di appropriazione del mondo, trova nel settore della riproduzione d’arte un oggetto di godimento che si può dire il surrogato aggiornato di una immateriale collezione d’arte. Pur fondandosi sulla riproduzione a stampa e sulla sua ripresa in un formato-quadro, estremamente fisico e sperimentabile, il modello di quadreria di Bravi può perciò anche essere considerato un archivio virtuale, una forma di memoria o un esercizio di "spostamento" d’uso, che fa della ripetizione un principio di regola, più che di ossessione. Francesco Tedeschi |