MUSEO BRAVI

Da ormai qualche anno il museo è la nuova frontiera dell’architettura. Edifici più o meno innovativi, fastosi ed eclatanti spuntano un po’ dovunque con lo scopo di celebrare, nell’ordine, il genio del progettista, la lungimiranza degli amministratori pubblici che ne hanno voluto la costruzione, la città o il territorio in cui sono collocati, l’arte che ospitano al loro interno. Di questi musei griffati, che sembrano fatti apposta per esibire le pregevoli rifiniture dei loro book-shop e delle loro caffetterie, Giannetto Bravi ne ha visitati a decine, forse persino a centinaia, compiendo lunghe flânerie in Italia così come in parecchie nazioni d’Europa. Nei famigerati book-shop, che per un minimo di orgoglio patrio continuo a voler chiamare librerie, ha fatto incetta delle cartoline con cui ha realizzato le opere in mostra: assemblaggi – piuttosto contenuti per numero di pezzi e dimensioni – di riproduzioni di opere d’arte non sempre famose e neppure belle, che tuttavia, nel loro insieme tendenzialmente fluviale e illimitato, hanno la pretesa di fornire uno spaccato suggestivo e magniloquente di svariati secoli di produzione artistica.
Il fatto che, nel caso di questa mostra, tutte le cartoline rappresentino immagini di ritratti o di autoritratti è poco rilevante. Il vero soggetto dei più recenti lavori di Bravi non è infatti l’opera d’arte, né la sua riproduzione di benjaminiana memoria, e nemmeno la sua micragnosa mercificazione, ovvero la sua riduzione a gadget mal realizzati e di cattivo gusto. Il vero soggetto della dettagliata e ossessiva operazione che va sotto il nome di Quadreria d’arte è proprio lui, il museo, griffato o scalcinato che sia, purché consenta di stare al riparo dalla vita. Le opere di Bravi si sono già occupate di dimensioni protette dalla logorante approssimazione e dal copioso smarrimento che caratterizzano la quotidia-nità: il cinema, per esempio, e soprattutto il passato sono stati i luoghi più frequentati dai suoi recenti lavori. “Il futuro... non lo conosco. Il presente... mi sfugge. Solo il passato mi offre qualche certezza” recita un esaustivo aforisma dell’artista pubblicato dalle edizioni Pulcinoelefante nel 2001. Il museo è un luogo che offre imperiture e gradevoli certezze, insieme a possibilità di escursioni cronologiche, di viaggi in un passato da smontare e rimontare attraverso le sue propaggini editoriali rappresentate dalle cartoline. Può darsi che, per approfondire ulteriormente il senso della Quadreria, sia opportuno rievocare un ben preciso contesto culturale. Bravi ha respirato il clima degli anni Settanta, in cui la riscoperta del museo come fonte di ispirazione è stata una moda diffusa e spesso letale, che ha generato mostruose deformazioni della pratica artistica come il citazionismo, l’anacronismo... Sono però convinto che la sua passione per il museo scaturisca da motivi del tutto biografici: dalla sua anima di flâneur, di instancabile turista dell’arte alla ricerca di nuovi capolavori, ma soprattutto dalla sua vocazione all’enciclopedismo, che deriva in fondo dall’ansia di ordinare, di catalogare e in questo modo fermare e possedere il tempo. La Quadreria d’arte è una sorta di museo dei musei, un museo à la carte, un museo d’asportazione. Al suo interno non sono presenti minuziosi apparati didattici, né sfavillanti soluzioni d’allestimento e nemmeno book-shop o caffetterie. Il museo Bravi non è forse all’avanguardia, ma offre più di altri il vero confort che è lecito aspettarsi da un museo: protegge dalla consunzione delle mode, dà la sensazione che l’arte sia una dimensione fuori dal tempo.

Roberto Borghi