Bisogna essere Bravi per fare una Carto-Quadreria

Catalogo, inventario, elenco. A volte l’arte è un ossimoro passato prossimo. Nell’era dell’instantaneità dell’e-mail, la vecchia istantanea dell’opera d’arte souvenir oggetto di studio (un altro ossimoro, un altro contrasto: ricordo leggero/pesante) si candida a una inutile, impossibile musealizzazione. In contesto epocale di Dada o New Dada sarebbe stata l’arte pronta ad aprirsi nuove strade dopo aver garantito nel caveau della cornice il suo patrimonio iconografico. Oggi è invece un linguaggio depredato dei contenuti, che non funziona neppure per metonimia, un’immagine per un altro significato (ceci n’est pas une pipe) ma il nulla totale, tradotto in immagine di facciata, allusiva e spesso falsamente sostitutiva. L’irrisione dell’era delle mostre. La mortificazione dell’autore dell’opera, che finisce attaccato con calamita a un frigorifero, quando va bene posto a segnalibro nel volume di scemenze di uno dei comici che passano più spesso nella tv demenziale. Senza accorgercene abbiamo portato a un tale estremo la mostrificazione dell’arte, che una delle tante mostre del più mostrificato old master, quella che Vienna avrebbe dovuto dedicare a Caravaggio, non si è fatta, visto che i quadri che dovevano garantirne l’allestimento erano tutti in trasferta. Ecco allora a sopperire alla mancanza – perché no – i cartoquadri di Giannetto Bravi. L’artista delle valigette in catene e del Vesuvio à porter che attirò a Napoli il critico Pierre Restany, è in odore di superamento della produzione dei suoi colleghi di tutti i tempi. Ha già battuto le 700 tele di Luca Giordano, e, ora che è a quota 2.500, si candida a superare i 7mila quadri di Klee ponendo a traguardo Picasso, che toccò una quota ancora superiore. Che cos’è, ansia di Guinnes? Bravi irride forse il mercato dell’arte contemporanea? C’è un’epoca più volgare, più deprecabile di un’altra, quanto a mercati? Però c’è già stato qualcuno – più di uno – che in tono di sfida ha proposto costi esosi per oggetti di uso comune proposti sotto l’aura dell’arte. Qui, nessun infingimento. Le cartoline si presentano per quello che sono, tanto che Bravi, in un libro che è un catalogo impossibile, tenuto insieme da una spiralona metallica, fornisce anche le istruzioni per l’uso quell’incollaggio per trasformare in quadri il prodotto degli espositori dei bookshop museali.

Con gentiluomesca dirompenza Bravi, rapito da parossistica follia incorniciatoria, ha intrapreso da un certo numero di anni chilometriche camminate alla maniera del Cavalcaselle: invece di volte affrescate e pale d’altare, ha visitato musei di ogni luogo portandone il pezzo mercificabile, la cartolina. Scelta non a caso, perché sa di vecchi saluti e vecchi viaggi, e perché risulta facilmente destituita del senso, oggi che la miglior cartolina di un viaggio è l’sms da cellulare, magari noleggiato in aeroporto: “Sono sull’Himalaya, che emozione”. Un Himalaya che non si vede, e che non si può verificare, ma nell’era del reality show – che è quanto di più finto – è una concrezione di rara efficacia. Se però l’sms non lascia traccia, la cartolina del quadro ne trascina dietro una incommensurabile attivando relais di memoria legata ad ogni età e a ogni luogo. E allo stesso tempo memoria sterile: guardiamo oggi con tristezza alle sale delle collezioni d’arte più importanti d’Italia abbandonate dai finanziamenti pubblici, quelli che la Costituzione dovrebbe garantire al patrimonio culturale italiano. Annotiamo con disappunto l’interesse per la mostra gridata dai giornali e la cecità davanti ai quadri coevi che gli sono vicini di corridoio, di piano, di epoca storica, di scuola.

Il lavoro di Bravi si snoda ancora sul doppio binario rintracciato da qualche critico tra semantica sociale e linguaggi dell’arte, “crasi di reminiscenze pop e concettuali” (Vettese). E’ una serialità genetica, non prodotta dall’artista, ma solo da lui rispettata e riordinata.
Riproducibilità, serialità, accumulazione, del resto, sono le grandi scoperte dell’arte contemporanea nell’ultimo cinquantennio. Dov’è, allora, la svolta del secolo nuovo? Un senso di quadreria impossibile, che non si arriverà mai a completare. E questo senso di incompletezza è il sentimento che anima il nostro tempo e ci rende sommari e vaghi, al tempo stesso padroni del mondo e di niente, perciò “mancanti”. Navighiamo in rete, ma non potremo mai aver visitato tutti i siti, usato tutti i motori di ricerca. Viaggiamo in aereo in pochi minuti da un a parte all’altra del mondo, ma vi sono zone dove il turista viene rapito e recluso in una caverna tra le pecore, come nella più antica delle favole (Odissea).

Non sono più di mille gli artisti celebrati dal mezzo “triviale” della cartolina da museo e in massima parte old masters. Quanti ne mancano? Un’infinità. E’ qui lo scacco del contemporaneo. Dovuto non solo a impopolarità, tuttavia. Anche a spirito di controtendenza: un amico gallerista mi raccontava giorni fa che a un museo che chiedeva di compilare un modulo indicando quali opere volesse lasciar fotografare per la “cartolinizzazione”, aveva risposto “ nessuna”. Niente cartoline per un “ismo” che ancora deve formarsi, che è ancora nel caos: non si fotografa il futuro. Pure, si può rubare. L’image volée è un vecchio vizio di Bravi, maturato dopo la messa del Vesuvio in valigia.

Poste secondo un’architettura basata sulla reiterazione, le immagini braviane di opere assumono nuove forme, un senso optical le restituisce all’occhio in un aspetto diverso e nuovo, in una complessità inedita, quasi di parato o di tappezzeria da muro, dove di riconoscibile l’occhio ravvisa colori o qualche sommario contorno. E decifra, dal nuovo aspetto, il modulo, l’unità di misura, come si cerca il singolo rombo del pied-de-poule, guardandole riflesse come su un enorme occhio di mosca. Mette a fuoco, ed ecco l’old o il contemporary master, passato attraverso tutto questo, frammentato, scomposto e poi ricomposto e scoperto in una premiére assoluta, tra le mani del Cavalcaselle del Terzo Millennio e di chi ancora avrà voglia di guardare in faccia all’arte dopo di lui. Bisogna essere Bravi, per avere un’idea così.

Stella Cervasio