L’Eco del Varesotto - Venerdì 7 febbraio 1997 “Il Cinema del Barbiere” questo il titolo scelto da Giannetto Bravi (Tripoli 1938) per la sua personale attualmente in corso presso l’Aquifante. Le opere - ingrandimenti fotografici - sono realizzate su tela Rembrandr - precisa Bravi - con plotter ink jet e plastificate anti UV. Riproducono immagini tratte da quei calendarietti tascabili, ora caduti in disuso, trattenuti da una setosa cordicella colorata, terminante con un presuntuoso fiocchetto, ammiccanti almanacchi, similari fotografici, di procacciatrici, spesso stampati con i colori virati e fuori registro e con la generosa aggiunta di profumi economici. Si susseguono così in mostra le gigantografie della Loren, di B.B., di Marilyn di Anita Ekberg - Anitona! - in costume da bagno natalizio, rosso con bordi in finta pelliccia bianca, tacchi a spillo e barboncino in tinta e poi le affiches de “Le Notti di Cabiria”, “Il Gigante”, “Sansone e Dadila”, con A. Nazzari, H. Bogart ... Fantasmi del cinema Odeon dove si imitava qual che sembrava l’America e intanto si costruiva l’Italia, immagini che fanno parte ormai di una autobiografia e della memoria collettiva. Nuovi miti contemporanei contenuti in bustina, che Mario il coiffeur pedagogo di Mergellina - come gran parte dei parrucchieri d’allora - donava al giovane Giannetto Bravi che ora, riproponendoli magnificati, ne inverte funzione e prospettiva trasformando, la banalità, la spersonalizzata lontananza, il mito a buon mercato in ingombranti santini, testimoni di una iniziazione, di un amorevole ricordo d’infanzia, veritabili strumenti di conoscenza di questa, la nostra, strana storia. Il taglio dei capelli, la forza, la giovinezza, l’eros; non v’è dubbio, si tratta del mito, quotidiano, plastificato anti UV. D’Oora |
L’Eco del Varesotto - Venerdì 6 giugno 1997 Finalmente un po’ di nudo! Dopo anni di “trasgressione” obbligatoria, professionale e di massa, di piaceri politicamente corretti ecco il recupero - un sentito grazie va a Giannetto Bravi nato a Tripoli nel 1938, vissuto a Napoli e da tempo residente a Cislago (VA) - di prosperose, tornite veneri callipigie dagli incolti velli esibiti in entusiastiche, ed esotiche quanto domestiche pose, tutte tratte da ormai ingiallite cartoline fin de siecle. L’arte, diventata qualcosa di mentale, di ascetico, dimentica ormai degli ostentati naturali busti, delle donne cretesi, delle rosee floridezze rubensiane, delle estasi e dei languidi dolori di certi santi, ci dona solo museificate sessualmente sterili testimonianze, forse definitivamente sterilizzate, dalle ballerine alla toeletta di Manet. Dipinti tutti vibrazione di colore e innovative inquadrature fotografiche. Già la fotografia, ecco il nuovo peccato originale dell’arte con cui confrontarsi; ricordate Adamo ed Eva, la nudità, il pudore? Ed è su di un sottile crinale di indagine tecnologica, di costume e di svelamento iconologico che si svolge il discorso di riproposizione fotografica operato da Giannetto Bravi. Le cartoline d’epoca che ora ripresenta ingigantite e baroccamente incorniciate come egli scrive non sono più destinate “ai mille e mille uomini ... ma ad uno solo che avesse saputo coglierne la femminile dolcezza”. Internet: http://www.Companatico.It/GiannettoBravi//. Questo sì che è eros. D’Oora |
L’Eco del Varesotto - Venerdì 16 Ottobre 1998 Tre volte vulcanico Giannetto Bravi! In primis perché vissuto all’ombra del Vesuvio per un quarantennio e colà, accanto a Pierre Restany vate del Nouveau Realisme, ha colto i primi successi artistici, secondariamente per l’energia creativa dimostrata nella recente, fortunata serie di personali e, last but not least, per la polvere lavica elegantemente allegata alla pubblicazione, con testi dello stesso Bravi edita un occasione di questa personale a Sesto Calende. Intensa anche la presenza a collettive, come quella a “Tra Pittura e Fotografia” di Caglio (c’ero anch’io perbacco) dove il Nostro ha presentato l’elaborazione fotografica del celebre “La Stanga” di Segantini, che v’inserì, in un’impossibile visione grandangolare, sia Caglio che Sormano e la pastorella che già era entrata a far parte del suo nutrito harém. A rebours Bravi dal dipinto ha isolato e ingigantito Caglio “tagliando” il resto. Simile invece la reazione del pubblico - trattandosi d’Arte - allora insorse per il proditorio inserimento dell’ennesima conquista del Maestro; oggi curiosa nemesi, lamenta la scomparsa dell’immagine della giovinetta che a modo suo - oh l’arcadia - ha pur contribuito alla notorietà del luogo. Potenza, tribolazioni e peripezie dell’immagine, di cui Bravi è l’archeologo innamorato, il pigmalione sedotto. Insuperabile nel recuperare ogni sottile, possibile significato, come in questa serie “Cinema Amore Mio” dove sbiadite, esauste immagini cinematografiche precipitano sedimentati messaggi dell’immaginario collettivo, della psiche, della memoria. Malinconico, come certi film muti, recita Bravi nella cartacea imprimitura: “Il Futuro non lo conosco, il Presente sfugge, solo il Passato mi dà qualche certezza”. In catalogo un imperdibile saggio di Cristina Casero. D’Oora |