1998
Milano
Derbylius Libreria Galleria
d'Arte
Napoli sei bella da
morire
La semplicità come complessità
Cosa ci racconta
Giannetto Bravi attraverso le immagini - alcune strappacuore, altre neorealiste
o neonaturalistiche - dedicate alla patria napoletana? Vediamo.
Sceglie episodi di costume
e "vedute" che, oggi, fanno sorridere; sceglie scorci avvincenti ed il
volto di certa Napoli (dal primi del secolo agli anni '30) la cui dialettalità
preme il pedale della commozione; propone figure sentimentali di cui fa
la parodia nostalgica; pesca, nella città della plebe e dalla piccola
borghesia sospirosa, soggetti cui fa il verso con ironia ambigua. Sicchè
resta il profumo - ed il ricordo - del tempo passato per cui l'autore
prova attenzione amorosa; resta il piacere di una visione languida, meravigliata
e, talvolta, emozionante. E questo che Bravi vuole ricordarci nella sua
mostra d'amore e mostra di costume? Macché. Neanche per idea.
Il Vesuvio in eruzione - o solo impennacchiato -, il Castel dell'Ovo,
Via Partenope, la ragazzina sbrindellata con l'orcluolo,
il venditore di grattugie, tutti questi luoghi ormai risibili,
stucchevoli, impolverati di compiacimento stantio, rielaborati così come
li vediamo alle pareti, hanno una seduzione astuta. Il discorso di Bravi
non è così esplicito come sembra. La sua semplicità è complessa.
I suoi ricordi apparentemente languidi e appassìonati sono una
gelida, accurata, paziente simulazione. Qui i sentimenti sono trattati,
falsificati, ridotti a "quadri".
L'mmagine di consumo preziosamente volgare (i saluti salernitani calligrafati
da tal Peppino sulla paffuta e incorallata danzatrice sorrentina) o ingenuamente
pubblicitaria (la funicolare vesuviana) comportano quel che si dice in
gergo un massimo di "effetto". Perché Bravi fotografa le foto, le cartoline?
Perché realtà e passato sono gli argomenti di questo suo lavoro. Dunque
il Castel dell'Ovo era là così ed è indiscutibile; ed è stato separato
da noi, è stato differito. E questo processo è vissuto con un filo di
sofferenza, non è dato come scontato. Si tratta di quel che ha analizzato
stupendamente Roland Barthes.
Quindi
ciò che Bravi ha perduto - e noi con lui - non è la storia scritta sulla
cartolina, né i tipi napoletani, né l'immagine del maccheroni, ma l'essere
di tutto questo; e non solo, è la qualità di tutto questo, che è poi la
qualità del tempo. Bravi vuole comunicarci che non si è perduto l'indispensabile
ma che ciò che abbiamo perso, ciò che non è più, non è sostituibile.
Lea Vergine, Milano, Novembre 1997
|